La Mostra del Cinema di Venezia è sempre portatrice di film interessanti e che ci mostrano realtà che altrimenti rimarrebbero inaccessibili.
E tutti i festival, un po’ sono una risorsa per vedere ciò che nelle sale “standard” non troveremmo, lo sa bene Wang Bing che dopo Cannes e Locarno chiude la trilogia sulla gioventù cinese con il titolo Youth Homecoming. Continuiamo a seguire i giovani che lavorano a Zhili e che questa volta si trovano in difficoltà economica per tornare a casa per capodanno. Occorre prenotare i biglietti del treno, ma se la paga non arriva è difficile trovarli all’ultimo momento. Nei film di Wang Bing è sempre scioccante vedere le immagini di quelle fabbriche e dell’ambiente in cui vivono, è incredibile vedere come l’uomo si abitui a certe condizioni di vita: camere senza finestra, abiti ammassati ovunque, spazzatura che riempie i balconi o buttata come se fosse una consetudine abitudinaria in mezzo alla strada…tanto ci penserà qualcun altro. L’ambiente che li circondano, l’immondizia che li circonda, influenza queste persone che vivono con la rabbia dentro contro chi li comanda, ma al tempo stesso dà loro un lavoro, perché i padroni “fanno i soldi” e loro non vengono pagati.

Immagine da sito La Biennale Cinema
Il film To Kill a Mongolian Horse della regista di origine mongola Xiaoxuan Jiang, ha una fotografia e un montaggio davvero interessanti e l’attore protagonista Saina è un vero mandriano. La storia si gioca sul doppio filo: da un lato i rapporti famigliari, tra il protagonista e suo padre, e poi con il figlio; dall’altro sulla rivalità tra città e campagna, con l’ex-moglie che vive in città con il figlio piccolo per dargli un’istruzione e un futuro migliore. Questi divari portano poi all’altro grande tema: gli imprenditori di etnia Han che giungono nelle steppe e vogliono comprare la terra per continuare lo sviluppo economico. Il messaggio lanciato dal film è plumbeo: il padre di Saina finisce per vivere in città in un appartamento fuori dal quale non può più ammirare la steppa, né sentire il vento che soffia, non gli resta che continuare a bere. Il protagonista Saina non riesce a trovare un lavoro stabile e cerca di insegnare al figlio a cavalcare, ma questo si impaurisce e la stirpe di cavallerizzi è destinata a terminare. Presentato in concorso alle Giornate degli Autori, riprende tematiche che aveva già affrontato Xie Fei e Wang Quan’an.
Mistress Dispeller di Elisabeth Lo è stato un bagliore nelle notte. Anche in questo caso fotografia e montaggio sono a mio avviso molto riusciti. La regista dopo diversi colloqui è riuscita a selezionare un’agenzia che aiuta le coppie a “sbarazzarsi” del terzo incomodo, ovvero un amante. Una situazione che ricorre spesso nella Cina moderna dove l’amante dei mariti è detta xiaosan, “la terzina”. In questo caso marito e moglie si presentano con un matrimonio alle spalle stabile e felice, tant’è che si danno la mano per strada, gesto di affetto raro per una coppia adulta cinese. Lei scopre che il marito ha un’amante, in maniera totalmente inaspettata, e farà intervenire l’agente di questa agenzia all’insaputa del marito. Questa agente inizialmente si presenta come amica della moglie laureata in psicologia, così piano piano riuscirà ad entrare in confidenza anche col marito e a farsi confessare la relazione extra-coniugale. Viene da pensare che la coppia sia rassicurata dal fatto che il film non sarà visibile in Cina visto che si sono esposti così tanto? Il marito poi presenterà l’agente come fosse una sua cugina all’amante. A questo punto l’agente inizia a fare da cuscinetto tra i due e piano piano a far capire all’amante che può trovarsi di meglio, un compagno libero da matrimoni.
Ciò che colpisce è che l’amante sia una ragazza molto giovane, la quale non è tanto in cerca di un vantaggio economico, ma in cerca di attenzioni e di una relazione “sicura”. Anche in questo caso viene spontaneamente da chiedersi, come le avranno spiegato la presenza delle telecamere che li seguono tutto il giorno? Dopo diversi passaggi, la ragazza si convince ad allontanarsi e acconsentirà a un incontro con la moglie tradita. L’incontro finale sembra davvero reale, ma c’è tanto non detto che fa parte della cultura e soprattutto è stato un balletto per non perdere troppo la faccia, né dell’una né dell’altra.

Immagine da sito La Biennale Cinema